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PER UN APPROCCIO SISTEMICO E PARTECIPATIVO ALLE POLITICHE URBANISTICHE E ALLA PIANIFICAZIONE DI CITTÀ E TERRI

18/04/2023 07:30

Carlo Romagnoli

PER UN APPROCCIO SISTEMICO E PARTECIPATIVO ALLE POLITICHE URBANISTICHE E ALLA PIANIFICAZIONE DI CITTÀ E TERRITORIO.

Il degrado di città e territorio è dovuto a fattori socio-culturali, politico-economici, socio-ecologici efisici, affrontati dalla pianificazione in a

Il degrado di città e territorio è dovuto a fattori socio-culturali, politico-economici, socio-ecologici e
fisici, affrontati dalla pianificazione in assenza di un approccio sistemico: città e territorio sono infatti
Sistemi Socio-Ecologici (SSE), ovvero sistemi nei quali “le componenti sociali, economiche, ecologiche,
culturali, politiche, tecnologiche e di altro tipo sono fortemente collegate”. Si tratta cioè di sistemi
profondamente interconnessi e di tipo co-evolutivo, nei quali la “componente ecologica fornisce servizi
essenziali alla società”. Il carattere integrato di tali sistemi rende pertanto la prospettiva ambientale
inscindibile da quella sociale, e reciprocamente condizionate: “non ci sono due crisi separate, una
ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale” 1 .
La genesi dei fattori di degrado è dovuta al progressivo “disempowerment” comunitario e
all’individualismo patologico della società dei consumi, alla trasformazione in senso estrattivista 2
dell’economia di città e territorio e alla subalternità della politica a questa, ai crescenti fabbisogni
energetici e impatti ambientali dei sistemi urbani, ai fenomeni di decentramento dovuti all’incremento di
uso del suolo e alla perdita di spazi pubblici, alla tutela prevalente dei beni privati rispetto a quelli
comuni. La governance politica urbana e territoriale considera infatti tali beni come asset finanziari, non
finalizzati a generare benessere per cittadini e comunità ma profitti per pochi, seguendo le regole di un
liberismo economico per il quale tutto, compresi territorio, città, servizi pubblici (istruzione, salute,
trasporti, etc) e beni comuni (acqua, energia, aria, etc), deve seguire le regole del mercato.
Gli urbanisti e l’urbanistica come disciplina, che dovrebbe governare le trasformazioni urbane in modo
da garantire un equilibrio rispettoso dei diritti di tutti, sembrano invece essersi allineati ad una
governance politica in senso mercantile privatistico. La disciplina mostra, per di più, una scarsa
comprensione dei fenomeni e delle dinamiche di città e territorio come sistemi complessi, una
sostanziale incapacità di adottare misure sostenibili in senso non meramente economico e di breve
respiro, è basata su processi e forme rigide calate dall’alto peraltro inefficaci o addirittura dannose
rispetto a comunità e beni comuni, non tiene minimamente conto della crescente richiesta, e
dell’importanza, della partecipazione e della condivisione delle sue scelte da parte delle comunità e dei
cittadini, attori fortemente motivati e portatori di conoscenze e diritti fin troppo trascurati.
È pertanto necessaria una revisione radicale della disciplina urbanistica, revisione basata su prospettive
diverse e fattori alternativi: occorre cioè passare dalla definizione lineare di elementi strutturali che
configurano rigidamente i diversi elementi dei piani regolatori, ai processi che li interessano e
attraversano a tutti i livelli; occorre passare dal progetto delle zone a quelle delle relazioni e
dell’interazione sociale; occorre passare dall’idea di ambiente progettato e costruito a quella di sistemi
ambientali interagenti (naturale, artificiale, costruito e sociale); occorre infine considerare cultura e
natura come fattori e motori strategici dei processi di sviluppo e riqualificazione di città e territorio, e
non solo i fattori economici speculativi e di mercato.

1 Santo Padre F, Lettera Enciclica Laudato Si’ del Santo Padre Francesco sulla cura della Casa Comune, Città del Vaticano,
Libreria Editrice Vaticana, 2015
2 “Estrattivismo significa l’accaparramento di diversi tipi di ricchezza da parte di grandi interessi privati, nazionali od esteri, ai
danni di comunità locali che da quella ricchezza dipendono. Fanno parte di questa logica anche le monoculture di soia o olio di
palma, le grandi infrastrutture che oltre a consumare suolo svolgono la funzione di trasporto e allontanamento delle risorse dal
luogo di origine, come anche i meccanismi di speculazione finanziaria connessi alla realizzazione di mega-opere”, S. Tarabini,
Estrattivismo malattia senile del capitalismo, il manifesto, 2018

2
Altrettanto fondamentale è che i presupposti politici delle scelte di governance siano preliminarmente
fondati su di un approccio sistemico e partecipativo aperto alle comunità, fondati cioè all’opposto di oggi
su un “empowerment” comunitario, al mondo associativo e ai comitati, ai singoli cittadini e a tutti i
portatori di interesse 3 . Questi non dovranno essere oggetto di mere campagne informative “ex-post &
top down”, per la comunicazione di decisioni già prese, ma protagonisti dal basso dell’ideazione, della
progettazione, delle decisioni e della gestione di città, territorio e, più in generale di beni comuni e spazi
pubblici nell’ampia accezione datane da Edoardo Salzano. Per spingersi fino all’introduzione di “una
politica del patrimonio immobiliare che restituisca alla collettività gli aumenti di valore che derivano
dalle sue decisioni e dalle sue opere” 4 .
Alle strategie basate sul profitto e sul mercato, che prevedono prevalentemente l’espansione delle
strutture urbane e un elevato consumo di suolo, si dovranno allora sostituire processi di rigenerazione e
riqualificazione delle città anche in senso energetico, evitando però il fenomeno della gentrificazione,
degenerazione mercantile dei processi di cosiddetta “green economy”. Alla dialettica pianificatoria
“concertativa” tra un pubblico subalterno, ed un privato economicamente forte e distante dai luoghi
interessato a massimizzare solo il proprio profitto, si sostituirà una partecipazione collettiva finalizzata
alla valorizzazione dei beni comuni. La presenza di comunità forti, attive nei processi ideativi e
progettuali della pianificazione e della governance di città e territorio, ridimensionerà in senso
sostenibile le strategie economiche basate unicamente sul mercato per dare spazio a soggetti e imprese
locali, contribuendo a riattivare processi virtuosi di micro-economia e di rivitalizzazione del tessuto
urbano, dei luoghi e degli spazi pubblici come sopra intesi.
L’approccio sistemico e partecipativo a politica e pianificazione di città e territorio in senso comunitario,
è infine garanzia autentica di sostenibilità per tutti i sistemi ambientali coinvolti, riduce il rischio di
prevalenza dei fattori economici speculativi, accentua l’importanza di cultura e natura come asset
strategici di sviluppo e riqualificazione, garantisce maggiore equità sociale nell’attenzione prevalente
attribuita ai beni comuni.

Arch. Francesco Masciarelli

3 “Nella diversità degli approcci possibili per ridefinire i beni comuni nella realtà contemporanea, restano a mio parere centrali il
ruolo delle comunità, intese come gruppi di persone legate dall’uso sostenibile di una risorsa comune, e il loro empowerment,
inteso come potere a co-decidere sull’utilizzo e sulla destinazione di quella risorsa. Resta altresì centrale la diversità istituzionale,
su cui poggia buona parte del discorso della Ostrom, e cioè l’esistenza di sistemi di regole “frutto di un processo lungo e
conflittuale”, che permettono alle comunità locali di auto-gestire molte risorse collettive in modo soddisfacente per se stessi e
sostenibile per le risorse”, G. Ricoveri, Elinor Ostrom e i beni comuni, Relazione al seminario promosso dalla Associazione
nazionale fra le Banche Popolari e il Centro Federico Caffè, Roma, 2013
4 “Per quanto riguarda il concetto di spazio pubblico avete compreso che attribuisco a questa espressione un significato molto
ampio. È spazio pubblico la piazza, sono spazio pubblico gli standard urbanistici, cioè le porzioni di città che il sistema normativo
destina alla formazione di spazi pubblici. Ma, è spazio pubblico una politica sociale per la casa. è spazio pubblico l’erogazione di
servizi e attività aperti a tutti gli abitanti: dalla scuola alla salute, dalla ricreazione alla cultura, dall’apprendimento al lavoro. È
spazio pubblico la possibilità di ogni cittadino di partecipare alla vita della città e delle sue istituzioni, è spazio pubblico la
democrazia e il modo di praticarla, al di là delle strettoie dell’attuale configurazione della democrazia rappresentativa. Ed è spazio
pubblico la capacità della collettività di governare le trasformazioni urbane mediante i due strumenti essenziali: una politica del
patrimonio immobiliare che restituisca alla collettività gli aumenti di valore che derivano dalle sue decisioni e dalle sue opere, e
una politica di pianificazione del territorio, in tutte le sue componenti e a tutti i suoi livelli”, E. Salzano, Spazi pubblici, cerniera
tra città e società, ieri, oggi, domani, Lectio magistralis, Leggere la città, Pistoia, 2015

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