Se il governo e il Partito aspettavano dal Primo Maggio una risposta alle manifestazioni dei gusanos (topi, così chiamati i dissidenti filoamericani) di qualche tempo fa, ebbene l'hanno avuta nel modo più netto e convincente che ci possa essere. La sfilata a l'Avana di un milione e più di persone ed altre centinaia di migliaia nel resto dell'isola costituiscono la prova dell'attaccamento e della fedeltà della grande maggioranza dei cubani ai valori del socialismo e al suo sistema. Il vivere cubano, oggi, è un vivere difficile. Le lunghe code, la mancanza o l'alternanza della presenza di generi alimentari, anche di prima necessità e altri o anche dei farmaci, come prodotto della congiunzione tra blocco del turismo determinato dal Covid, mantenimento dell'embargo Usa, restrizioni della possibilità delle rimesse degli emigrati in Florida (che ultimamente Biden ha parzialmente aumentato) hanno messo e mettono a dura prova la capacità di resistenza e tenuta della società cubana. Il governo ha risposto con misure economiche e sociali di carattere straordinario. Sono stati aumentati gli stipendi e le pensioni, assunti provvedimenti volti a contenere le sofferenze del popolo (ad esempio ad ogni bambino cubano al di sotto dei 7 anni il governo garantisce un litro di latte al giorno), allargato l'ambito di copertura della libreta (la tessera annonaria che garantisce ad ogni residente a Cuba un minimo vitale di generi alimentari e di sussistenza fondamentali). Il punto che si propone il governo è quello di resistere in attesa della ripresa del turismo (che sta tornando faticosamente dall'estero), il quale, insieme alle rimesse degli emigrati, costituisce un cespite fondamentale dell'economia cubana. A Cuba non muore di fame nessuno e Cuba si è liberata dal Covid. Mi paiono due differenze fondamentali con gli altri Paesi del Sud America e del terzo mondo, con i quali Cuba deve essere paragonata e nei quali la crisi significa disperazione, fame, fuga all'estero, arruolamento nelle bande del narco traffico. Dove non arrivano i provvedimenti del governo, ci pensa poi la straordinaria capacita di adattamento e dei mille mestieri (molti leciti, alcuni illeciti) dei cubani. Il loro Paese vive, ora più accentuata, un'economia di guerra con i fenomeni (mercato nero, una quota di prostituzione) che gli sono tipici.
Da osservare e commentare è l'universo giovanile, con fenomeni contraddittori. Da un lato le giovani generazioni sono quelle che sono maggiormente schierate a difesa del socialismo. Sono rimasto impressionato dal fatto che il servizio d'ordine per la sfilata del Primo Maggio sia stato assicurato, per chilometri, da migliaia di ragazzi tra i venti e trenta anni. Per altro verso si segnala una tendenza all'emigrazione di laureati o giovani intellettuali alla ricerca di più remunerate e gradevoli condizioni di lavoro e di vita, con il rischio che Cuba si privi di importanti risorse umane. Negli ultimi anni, a partire da Raoul, il governo cubano aveva assunto provvedimenti come l'apertura alla piccola iniziativa privata, volte a rendere più efficiente e dinamica l'economia e misura per attrarre capitali dall'estero. Il processo si è imbattuto nella crisi degli ultimi tre anni e nel persistente e disumano blocco Usa. Mi sento di dover ripetere ancora una volta alle anime candidate della sinistra ex estremista italiana, animata da un falso democraticismo che ignora la storia e la realtà, che, a Cuba non c'è lo spazio per una terza via o per una soluzione classicamente socialdemocratica. O si sta col socialismo, con tutti i difetti che può avere, o si torna alla dominazione americana e alla forma delle repubbliche delle banane.
In questo ambito, di nuovo, Cuba si trova a combattere per la sua sopravvivenza, per la sua sovranità, per la sua indipendenza. Socialismo è orgoglio nazionale sono le sue leve fondamentali. Io credo e spero che ce la farà. Mentre il 787 Dreamliner decollava dal suolo cubano per riportarci in Italia, guardando dall'alto l'Avana, ho pensato che ce la deve fare non solo per se stessa, ma anche per tutti noi che non abbiamo rinunciato all'idea di cambiare il mondo.