Havana, maggio - Quando mi sono appuntato addosso la targhetta da "Invitato" dell'Icap al Primo Maggio avanero, che mi avrebbe consentito di accedere, con gli italiani di Asi Cuba Umbria, alla tribuna d'onore proprio sotto quella di Raoul, Diaz Canel e gli altri capi, non ho potuto trattenere un moto di soddisfazione. L'ultima volta che avevo avuto una targhetta di delegato era stato, tanti anni fa nel 1978 (non era nata mia figlia), al Festival Mondiale della Gioventù e degli Studenti. La constatazione di essere sopravvissuti, io e la Rivoluzione insieme, mi ha riempito di gioia. Quest'anno, per il loro Primo Maggio, i compagni cubani hanno coniato uno slogan molto bello: Cuba vive y trabaja, Cuba vive e lavora. C'è tutta la sintesi del momento. L'isola e il suo popolo attraversano una situazione molto difficile che impone una grande fede ed anche una dose di stoicismo. Ma, alla descrizione delle difficoltà credo sia giusto anteporre le cose belle. A Cuba, grazie alla auto produzione di vaccini efficaci (spiccano l'Abdala e il Soberana 2), la Covid, come la chiamano loro, è stata domata. La settimana scorsa c'è stato un morto e poche decine di contagiati al giorno. Nonostante questo le autorità mantengono l'obbligo di mascherina anche all'aperto. Cuba cede i suoi vaccini a titolo gratuito, ma se l'EMA (Agenzia mondiale del farmaco) si decidesse, finalmente, a provarli e certificarli, anche vendendoli a prezzo politico, Cuba potrebbe contare su una straordinaria mole di risorse. L'EMA non lo fa per non buttare fuori mercato la Pzyfer e le altre case private.
La congiunzione tra Covid, con conseguente blocco del turismo, restrizioni alle rimesse degli immigrati attuate da Trump e confermate da Biden, crisi internazionale e perdurare inasprito del blocco Usa, sfortunatamente coincidenti con la riforma monetaria approvata dal governo che ha cancellato la doppia valuta, ha provocato una fiammata inflazionistica perdurante e la riduzione dei generi disponibili o la loro alternanza. Conseguenze sono stati l'aumento spropositato dei prezzi e le lunghe code per l'acquisto dei generi che di volta in volta si trovano. Si è generata una nuova situazione da Periodo expezial che fece seguito al crollo dell'Unione Sovietica. La gente è insoddisfatta e protesta? Oddio a vederla così, appena sceso dall'aereo e dopo, mi è sembrata la solita Cuba di sempre. Allegra, generosa, ospitale, bailante. A vedere le famiglie che sabato e domenica affollano la Playas del Este (la spiaggia de l'Avana), come fosse Riccione, con borsoni pieni di vettovaglie e dei cibi che si trovano, riso, fagioli e pollo, e che ridono, cantano e ballano, non si ha certo l'impressione di un popolo sofferente e umiliato. Però la situazione è pesante ed esasperante. Arrivare in fondo a una fila di qualche ora e poi, qualche volta, sentirsi dire che quello che cerchi è finito, non è piacevole. La mia netta impressione però, confermata anche dai colloqui che ho avuto con italiani residenti a Cuba, compagni e no, è quella che una parte della popolazione si lamenti del governo, ma non voglia un cambio di sistema, cioè uscire dal socialismo e non voglia, soprattutto, tornare sotto il dominio americano.
Ne fa fede la straordinaria giornata del Primo Maggio che ho potuto vivere per la prima volta. L'immenso corteo si forma, per ragioni climatiche alle quattro di mattina e molti scelgono la notte in bianco. A piccoli rivoli da ogni parte della città, gruppi di persone e famiglie, anche con bambini, allegre e festose, convergono sulla Avenida del Paseo, la grande arteria di kilometri che dal Malecon converge sulla Plaza della Revolution, inizio e fine del corteo. A chi mi dice la prossima volta che questa gente ce la portano per forza, lo prendo a calci nel sedere. E' una festa nella festa. La giornata dei lavoratori è profondamente, indissolubilmente, radicata nella cultura e nella tradizione cubana. All'improvviso, quasi senza accorgerti, ti trovi nel Paseo in mezzo ad una fiumana di gente da far paura, stretti e pigiati come sardine, in quattro o cinque per metro quadro e aspetti che faccia giorno, alle sette, ora di inizio della manifestazione (alle undici tutto deve essere tutto finito), quando la marea umana, più di un milione di persone, comincia, finalmente, a muoversi. Una esperienza forte e indimenticabile. E' in quel momento, tra gli slogan ritmati e il boato possente della folla che risponde agli input della tribuna, che capisci quanto sia ancora forte Cuba e la sua Rivoluzione.