Io credo che quello che ha fatto il Pd in questa crisi di guerra sia una cosa enorme. E rimango stupito dal fatto che, nel mondo del progressismo e del collateralismo piddino, non ci sia stato nessun sconvolgimento e nessuna reazione di rilievo, ad eccezione della povera ANPI, messa sotto processo dai fanatici interventisti esterni all'organizzazione, in combutta con alcuni interni. È vero, si potrà obiettare, che anche D'Alema sostenne i bombardamenti di Belgrado e si può aprire una discussione se alcuni di noi fecero bene a partecipare alla sua maggioranza o meno. Ma, secondo me, era un'altra cosa: non c'era il Pd, c'era ancora il PDS ed un centro sinistra, ossessionato da Berlusconi, che subiva la Nato come una dolorosa, ma realistica costrizione. Ma qui, il Pd è la Nato. Questo partito ha fatto fuori, in un attimo, decenni di storia e di valori del movimento per la pace e del pacifismo italiano. Che il Pd fosse liberale lo sapevamo da tempo; ma oggi è allineato e, in Italia, il capo della destra liberale. Il fatto che il Pd sia il portavoce Usa, il partito più guerrafondaio di tutti e la prospettiva che Letta o Guerni o chi altro, diventi segretario della Nato (Veltroni non ce lo faranno perché è troppo giuggiolone anche per loro), dovrebbe comportare una ridefinizione del quadro politico e una ricollocazione dei partiti e delle alleanze a sinistra.
Secondo me la questione della, come si diceva un tempo, collocazione internazionale e della pace, ha un carattere identitario e dirimente, più di qualsia altra. Su tutto si può discutere, ma non su questo. Vedo invece che molti, invece di operare una rottura per costruire un'alternativa a sinistra, continuano a fare da copertura al Pd, meditando, una volta passata la bufera e dimenticata la guerra, di partecipare al campo largo. Alla fine affari loro. L'unica cosa della quale vorrei pregarli è di non venire, la prossima volta, a chiedere il voto per il Pd come arginare contro la destra.