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L' Afghanistan Sovietico e quello Americano

16/08/2021 20:52

Leonardo Caponi

Politica internazionale,

L' Afghanistan Sovietico e quello Americano

Vorrei capire a che cosa è rivolto il lamento di alcuni compagni per il disimpegno americano ed europeo dall'Afghanistan. Perchè se è riferito al fatt

 

 

Vorrei capire a che cosa è rivolto il lamento di alcuni compagni per il disimpegno americano ed europeo dall'Afghanistan. Perchè se è riferito al fatto che gli Usa e i loro alleati non siano riusciti, dopo oltre 20 anni di occupazione militare del Paese, ad imporre la sua normalizzazione "occidentale" o che, qualche volta, gli americani, costretti dalle condizioni, sospendono la loro funzione di gendarmi del capitalismo nel mondo, io a questo lamento non partecipo proprio. Insomma credo che noi comunisti e di sinistra non possiamo lamentarci e rimproverare agli alleati di non essere riusciti negli obiettivi originari della loro missione. Penso che la sinistra dovrebbe fare un altro ragionamento e cioè denunciare il fallimento di due strategie occidentali: quella della esportazione della "democrazia" (che poi con la democrazia non c'entra mai niente) e quella di combattere il terrorismo con gli interventi armati, diretti o ispirati ad altri. Io penso che quella a chi sia peggio tra i talebani e gli altri che erano fino a ieri al governo dell'Afghanistan, sia una bella gara da non giudicare solo in base al fatto che i primi hanno servito l'occidente mentre gli altri, momentaneamente, lo ostacolano. Credo che bisognerebbe chiedere ai nostri Paesi di rovesciare radicalmente la loro politica nei confronti del mondo islamico (che dovrebbe divenire una politica di pace, di comprensione e di distensione) smettendola di alimentare l'illusione di poter cambiare cavallo di volta in volta o provocare false rivoluzioni democratiche come è accaduto in Siria, Libia, Iraq e altrove.

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Chi è stanco di leggere e saranno giustamente in molti, può fermarsi qui. Io vorrei tentare, a spanne per chi vorrà seguirmi, di fare un pò di storia dell'Afghanistan degli i ultimi 50 anni. Nel 1973, dopo il maggio francese, il '68 e il maoismo, un gruppo di militari e intellettuali afghani, che avevano studiato a Parigi e che costituivano il gruppo dirigente del Partito Democratico Popolare, di ispirazione marxista leninista, si libera, con un colpo di stato del Presidente dello Stato Islamico e avvia o tenta di avviare una radicale trasformazione sociale e progressista del Paese con grandi riforme modernizzatrici e giuste, la terra ai contadini, il voto e l'emancipazione alle donne, la scuola a tutti i bambini, un sistema di protezione sociale e di sanità e altro ancora. Insomma si propone la trasformazione del Paese da meno ancora che il Medioevo a uno Stato democratico e socialista moderno saltando, come in sostanza aveva fatto Lenin, la fase borghese. La politica del nuovo governo viene combattuta con ogni mezzo dal latifondisti, dall'oligarchia religiosa e dai capitribù, che fanno leva sull'oscurantismo tradizionalista e padronale dell'islam. Per altro verso si accendono scontri anche sanguinosi all'interno del gruppo dirigente "comunista", in relazione al livello di radicalismo da imprimere all'azione riformatrice. E' a quel punto, nel 1979, che l'Unione Sovietica decide di intervenire a sostegno della rivoluzione vacillante e del leader, Babrak Karmal, che sembrava dare maggiori garanzie di equilibrio e saggezza nell'azione di governo. Il governo sovietico presentò l'intervento come un atto di "internazionalismo proletario". Ricordo, essendo a Mosca in quel periodo, le discussioni che facemmo con i compagni e gli insegnanti dell'Istituto Leninista Internazionale. Un loro esperto di politiche internazionali mi disse che i sovietici valutavano di dover rimanere per 2/3 anni. In realtà l'URSS, a mio giudizio, combinò l'utile col dilettevole: sostenne un regime amico e progressista e confermò il ruolo di potenza che le era indispensabile per poter fronteggiare gli Usa e sopravvivere. A quel punto gli States in parte "inventano", in parte "sviluppano"in funzione antisovietica, i talebani che armano e finanziano soprattutto attraverso l'allora amico Pakistan e la sempre amica Arabia Saudita. Tre anni dopo l'ordinato ritiro sovietico i talebani giungono al potere e, poco più tardi, si ribellano al loro mentore creatore che è costretto a intervenire militarmente seguito dagli euroatlaintisti del tempo. Dicono che lo fanno per combattere il terrorismo ma, in realtà, il loro disegno è mettere le mani in un territorio strategico nel cuore dell'Asia che, a parte i papaveri, economicamente non vale niente, ma sul quale si giocano grandi progetti e colossali affari infrastrutturali. Mentre

l'intervento sovietico aveva anche uno scopo di promozione sociale, le potenze occidentali non hanno fatto niente per l'Afghanistan e la sua popolazione (anche per attenuarne la fiera indipendenza), se non restarsene chiusi nei loro bunker e l'hanno rimessa nelle braccia dei talebani i quali, è evidente, godono di un vasto consenso. Un film sull'Afghanistan è finito; invece di starlo a rimpiangere, bisognerebbe girarne uno tutto nuovo.

Leonardo Caponi

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