C'è una parola, non me ne voglia nessuno, che detesto particolarmente: resilienza.
È una parola molto in voga, pure l'ultimo piano del Governo con relativi soldi europei da spendere, il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) la usa. Ed è indicativo di come questa parola sia usata e amata dai capitalisti per immaginare un futuro dove il capitale abbraccia tutti e tutto e di come bisogna gustarselo senza porsi troppe domande. E senza contestare alla radice l'origine di tutta l'ingiustizia, ovvero il capitalismo stesso...
Perchè secondo il concetto in voga oggi, le persone resilienti sono quelle che davanti ai traumi o avversità della vita, riescono a essere positive, a trovare spazi di felicità:
sei un licenziato della Whirlpool, pure malmenato perchè reclami i tuoi diritti?
Sii resiliente, sopporta, dentro quella ingiustizia troverai la giustizia,
vivi un rapporto finito? sii resiliente, vivici dentro portandoci la bellezza…
Va da se che tutto ciò è in netto contrasto con l'altra parola, questa sì da elogiare e scrivere in ogni dove: resistenza, che viene dal latino resistentia, ovvero re (indietro) e sistere (fermare). Che è l'esatto opposto di resilienza.
Fermare e non rimanere.
Perchè i conflitti si superano solo scegliendo.
Da che parte stare dalla barricata...