Sui temi fondamentali del blocco dei licenziamenti e degli appalti pubblici si sta rivelando, per chi avesse ancora qualche dubbio, il carattere liberista e antioperaio del governo Draghi che si conferma totalmente schierato dalla parte di Confindustria e sordo alle richieste della CGIL. Il blocco dei licenziamenti, pur con qualche bizantina eccezione, cesserà dal primo di agosto, mentre lo stesso governo procederà, sostanzialmente, ad una manomissione del Codice degli appalti sula linea sostenuta e voluta dall'Associazione dei costruttori. Vorrei capire, a proposito di questo secondo aspetto, che c'entra con l'accelerazione dell'esecuzione delle opere pubbliche, l'estensione dei subappalti e l'assegnazione al massimo ribasso. Niente; le misure di compromesso che il governo alla fine adotterà, serviranno solo ad aumentare i profitti delle imprese a discapito dei salari e della sicurezza dei lavoratori. Per quanto riguarda entrambi i temi, licenziamenti e appalti, il dogma invalicabile, sul quale si è costruito e opera il governo, è quello di considerare l'aumento dei profitti e delle speculazioni finanziarie come il motore dello sviluppo. Cioè insistere e rilanciare la fallimentare esperienza degli ultimi trenta anni. La cosa, penosa e scandalosa nello stesso tempo, è la posizione del Pd che, da partito liberale di centro qual'è, la pensa, nella sua grande maggioranza, come Draghi ma che, per costruirsi un alibi a sinistra, balbetta la richiesta di mezze misure e recita la parte in commedia di una finta opposizione alle misure più scandalosamente liberiste del governo che regge. Quel bel tomo del ministro Orlando si inventa all'ultimo momento il ripristino del blocco, sapendo che non sarebbe mai stato approvato però ci rassicura sul fatto che i lavoratori saranno si licenziati ma che il governo farà di tutto, a spese pubbliche, cioè a spese di loro stessi, per fare in modo che soffrano il meno possibile. Bisogna fare l'opposizione a Draghi e una nuova sinistra.m.