Ventisei morti, quasi novanta "dispersi", decine e decine di feriti sono il tragico bilancio delle feroci repressioni poliziesche del narco governo conservatore di Duque in Colombia, nei confronti delle grandi manifestazioni popolari contro una riforma fiscale che avvantaggia i ricchi a discapito dei lavoratori e dei ceti medio bassi e contro la privatizzazione della già deficitaria sanità pubblica. La cosa bella è che la notizia è dovuta per forza timidamente apparire sui giornaloni e sui media nostrani, ma è stata presentata fuori da ogni contesto, come una stella comparsa all'improvviso e casualmente sul firmamento, staccata dal resto della costellazione. Il contesto è rappresentato da un Paese retto da un governo criminale amico, infiltrato e condizionato dai narcotrafficanti, che gli Stati Uniti sostengono e del quale si servono come base di pressione e aggressione contro il confinante Venezuela (da lì passano i soldi per Gaidò e i tentativi golpisti suoi e di altri) e come inesauribile rifornitore di cocaina e altre droghe ai consumatori nord americani e di tutto il mondo. Di questa industria ricchissima si nutre la casta autocritica e delinquente di destra che governa il Paese e che condanna la grande maggioranza della popolazione a uno stato gravissimo di disoccupazione, arretratezza, ignoranza e miseria. La protesta popolare è repressa non solo, come accade in questi giorni, da eccidi nelle manifestazioni ma, principalmente, attraverso le violenze e i ricatti dei cartelli della droga cui è consentito di spadroneggiare indisturbati e impuniti ovunque nel Paese di cui sono il vero arbitro. Naturalmente, come fu per Trump, anche per Biden l'umanista, esportatore della democrazia, tutto questo va bene. L'America chiude gli occhi e le orecchie perchè per lei la democrazia è un valore a geometria variabile. Segue gli interessi dello zio Tom.