Fermo restando la comprensione e il rispetto per il dolore dei congiunti e per la loro aspirazione ad avere giustizia, se è questa, mi pare che la vicenda dell’arresto degli ex brigatisti piuttosto che ad un anelito di giustizia, peraltro ritardata di decenni, corrisponda a scelte politiche per problemi interni alla Francia e dei rapporti tra di essa e l’Italia. E’ la risposta securitaria che Macron, in vista delle prossime presidenziali e del calo dei consensi, vuol offrire al suo elettorato e ai francesi scossi dagli atti terroristici di questi ultimi anni e, credo nel contempo, un assist al neopresidente Draghi e al suo governo. Non è la prima volta che l’amministrazione francese adotta questa giustizia a corrente alternata dal momento che i giornali scrivono che altre volte i br in questione o alcuni di loro sono stati arrestati e poi rilasciati (a secondo degli umori del momento) e che, anche questa volta, l’estradizione nel nostro Paese sarà oggetto di una lunga procedura dall’esito tuttaltro che certo. E’ anche vero che i loro reati, giudicandoli politicamente, appartengono ad una fase storica che l’Italia si è lasciata dietro e che si spera che non torni.
I comunisti italiani, che sono stati nella prima repubblica un argine invalicabile contro il fascismo e le mire reazionarie provenienti dall’interno stesso dello Stato, hanno sempre combattuto le BR e il terrorismo sedicente di estrema sinistra ritenendo la lotta armata una ipotesi inesistente, aberrante, contraria al movimento dei lavoratori e alla democrazia come terreno di avanzamento della lotta e delle conquiste politiche e sociali.