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Voci dalla scuola... nei tempi del covid

15/04/2021 00:15

Matteo Galli

Scuola-Cultura-Formazione,

Voci dalla scuola... nei tempi del covid

Anni scolastici: 2019 / 20 e 2020 /21La scuola parla, con i suoi protagonisti principali, studenti, professori e collaboratori.

 

Anni scolastici: 2019 / 20 e 2020 /21

La scuola parla, con i suoi protagonisti principali, studenti, professori e collaboratori. 

Un microcosmo, una tela di ragno, uno spaccato di società.

Un laboratorio dove emergono le contraddizioni, le paure, il futuro incerto.

Un filo rosso che unisce tutti, dove la parola d’ ordine precarietà, sfumata nelle varie classificazioni, mette tutti sullo stesso piano. 

 

Le migliaia di voci anonime ci raccontano la loro storia: la storia che sembra uscita dalla penna di un regista o da uno scrittore ma che invece è solo la realtà. 

GPS, GAE, GI, DAD, sono le nuove sigle che ormai fanno parte della mia quotidianità, a partire da quando mi sveglio, in attesa di ricevere la tanto attesa convocazione per prendere servizio in una scuola. Il mestiere più bello del mondo per me. Il Covid ha cambiato le nostre prospettive, gli stili di vita, le nostre scelte; il mondo della scuola sta vivendo momenti difficili. Avevano promesso una ripartenza veloce, pronta ed efficiente ma purtroppo non è stato così.  I mezzi di comunicazione hanno puntato i riflettori sull’ organizzazione: banchi nuovi, banchi con rotelle, norme di sicurezza e giustamente sui disagi per studenti e famiglie. Manca però l’altra faccia della medaglia: i professori e il precariato della scuola. Avevano promesso assunzioni, tutti in cattedra fin dal primo giorno, nessun problema; eliminazione del precariato ma questo non corrisponde alla realtà. Graduatorie piene di errori, punteggi errati, continue modifiche, metodi di convocazione non in presenza. Dobbiamo vivere alla giornata senza sapere quello che ci aspetterà. Il precariato diventa una pratica esistenziale, prima che nelle sue forme concrete.  Come sosteneva Don Milani “A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca? Ecco occupatele”. Non chiediamo di essere tutti assunti ma di non essere trattati come pedine per riempire vuoti o sbandierare numeri inesistenti. 

Preparo le lezioni, è pomeriggio, domani mi aspetterà la 3 C con Didattica a Distanza, la 3 B in presenza. Domani dovrò accendere il Pc e vedere i miei studenti in tante caselline dietro uno schermo. Hai ripassato Platone? Hai studiato bene Il Medioevo? Mi sentite? Avete problemi di connessione? Perché Riccardo non entra? 

Io non considero i miei studenti come semplici nomi e cognomi, ognuno di loro ha una storia, un proprio modo di pensare, delle debolezze e dei punti di forza. Ognuno di loro è diverso ed esprime la propria diversità in vario modo. Dare anche un semplice voto non è una cosa banale e automatica, anzi è difficile, deve essere commisurato al percorso individuale. Cari studenti non sarà mai un voto negativo o positivo a fare la differenza, sarà la vostra voce, autonoma da condizionamenti, che vi porterà ad essere donne e uomini liberi. 

Mi sento preso in giro, da un sistema scolastico ormai troppo vecchio.

Mi sento preso in giro, da un sistema legislativo, che non mi permette di fare nulla.

Mi sento preso in giro, da una città e da uno stato, che non solo non mi danno nessuna opportunità  

 

Dalle 8 alle 13 ho lezione su Meet.

Dalle 15/16 alle 19/20 studio.

Dalle 21 alle 23 guardo la Tv.

Ripetuta per mesi, questa è la mia routine.

Questo periodo senza scuola in presenza, quindi senza contatti giornalieri, mi ha privato della maggior parte della felicità. 

Proseguire per questa strada mi porterà ad un’alienazione. 

Ho anche sviluppato il sentimento di non essere rappresentato e tutelato dallo Stato. 

Ciò che mi spaventa di più però non sono queste emozioni, ma che io mi stia lentamente abituando a questa situazione.

Questo virus ci ha strappato via la nostra quotidianità, senza alcun risentimento. I giorni si succedono tutti uguali, le ore sembrano non passare mai, questa monotonia straziante mi sta soffocando. Sospesi in mezzo ad una pandemia globale, cerchiamo di sopravvivere, di rimanere a galla. 

 Le mattine scorrono, tra una video lezione e l’altra, con gli occhi fissi sul computer, ad ascoltare le parole dei professori che fluiscono attraverso uno schermo. Noi studenti il più delle volte ci nascondiamo dietro alla fotocamera disattivata e al microfono spento, sommersi dalle mille distrazioni che ci vengono offerte dalla nostra casa, e dai problemi di connessione. La didattica a distanza ci ha portato via la magia, le emozioni, le paure che si creano soltanto tra i banchi di scuola, seduti su quelle piccole sedie di legno.

Mi manca la strada che porta dalla stazione alla scuola, quella strada che sembrava non finire mai, con il peso dello zaino che gravava sulle spalle alleggerito dalle risate e dai discorsi confusi fatti di prima mattina. Mi mancano gli scherzi, i pianti, i sorrisi scambiati con i miei compagni di classe, l’attesa della ricreazione, la lunga fila alle macchinette, camminare per i corridoi senza preoccuparsi del metro di distanza. La scuola è fondamentale, è il trampolino di lancio verso il nostro futuro, è il luogo in cui creiamo i nostri ricordi più belli e le storie.

I professori oltre a riempire il nostro bagaglio culturale, ci spingono a prendere una posizione, ad elaborare un nostro pensiero e a sconfiggere le nostre paure, ma come si può fare ciò attraverso uno schermo? 

Ci hanno tolto il nostro compagno di banco. 

Ci hanno tolto lo sguardo caloroso dell'insegnante, ci hanno tolto la scuola, il posto più sicuro dove potevamo stare. 

Quel piccolo cenno di saluto che c’è sempre stato, tra una persona e l’altra all’uscita o all’entrata di scuola, mi manca da morire.

Non abbiamo certezze e non si sa nemmeno quando arriveranno.

Ci stanno portando via i nostri migliori anni, la socialità, il divertimento di uscire e passare le giornate con gli amici. 

 

Volti anonimi, come la società liquida nella quale viviamo, siamo storie, numeri, etichette.

Il volto della globalizzazione che vorrebbe tutti uguali, dispersi e fragili, a prescindere dalla nostra età. Solo recuperando uno spirito di comunità, di condivisione, di bene comune, sottratto alle logiche dei numeri finanziari potremo ripartire in meglio. Per questo oh giovani: "agitatevi perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi perché avremo bisogno di tutta la vostra forza. Studiate perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza".


 

 
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